Approfondimenti

L’ARRIVO DI UN FRATELLINO (PH: @whatjosiesaw)

L’arrivo di un fratellino può essere un momento davvero difficile per il primogenito. Anche se ha chiesto a gran voce un fratellino il suo improvviso materializzarsi può diventare un’occasione per innescare gelosie e paure. Dalla triade mamma-papà-figlio si passa infatti ad una dinamica affettiva molto più ricca e complessa. In che modo i genitori possono gestire questa fase così delicata? Innanzitutto è essenziale coinvolgerlo nella gravidanza e nell’attesa: la mamma potrebbe mostrargli le fotografie di quando era incinta e nel pancione c’era proprio lui, fargli sentire il movimento del fratellino e chiedergli di partecipare nella scelta del nome. È spesso utile utilizzare libri sull’argomento per supportare il bambino nell’affrontare questo momento, leggendo insieme a lui storie in cui possa rispecchiarsi e che lo aiutino ad immaginarsi cosa aspettarsi. Bisogna prepararlo a ciò che accadrà quando il neonato sarà arrivato a casa e rassicurarlo che ci saranno tante attenzioni e tanto amore per tutti e due. Il coinvolgimento del primogenito è fondamentale anche quando il fratellino sarà nato: è importante che possa toccarlo e accarezzarlo, che possa anche solo avere la sensazione di aiutare la mamma nei riti quotidiani, come il bagnetto o il cambio del pannolino, e che abbia la possibilità, seppure sotto la supervisione di un adulto, di tenerlo in braccio, rafforzando quindi il ruolo di fratello maggiore. Inoltre stabilire una routine che veda protagonisti solo il genitore e il primogenito lo aiuterà a sentirsi valorizzato e considerato nonostante i cambiamenti che lo investiranno. Da ultimo è bene evitare, in questo momento così delicato per lui, di investirlo di troppe responsabilità: è meglio rimandare, pertanto, cambiamenti che possano affaticarlo ulteriormente come l’inserimento a scuola, passare dal pannolino al vasino o rinunciare al ciuccio.

L’USCITA DAL NIDO (PH: @notonlymama)

Parliamo spesso di come gestire gli equilibri all’interno della famiglia con figli, di come consentire i giusti spazi a tutti per vivere serenamente il giusto ruolo di genitore/figlio/coniuge e individuo. Ma cosa succede quando i figli sono grandi e abbandonano la casa per crearsi una loro indipendenza e costruirsi il proprio futuro? Letteralmente viene definito uscire dal nido. Anche in questo caso si deve parlare di equilibri, in particolar modo di ristabilire ruoli, abitudini e spazi che fino ad ora erano stati organizzati e gestiti con la presenza del figlio in casa. La coppia genitoriale deve quindi far prevalere la dimensione coniugale su quella genitoriale, riprendendo quelle che erano le dinamiche presenti prima dell’arrivo dei figli. Il nido, inizialmente creato dai due coniugi e riempito con l’arrivo dei figli, ora torna ad essere vuoto, la condizione cambia e come tale è fondamentale riprendere e riformulare le dinamiche di coppia che erano state modificate. È una nuova fase della vita che deve essere affrontata positivamente e con la complicità di entrambi i coniugi per trarne i benefici che ne comporta.

QUANDO ARRIVA UN FIGLIO NASCONO DUE GENITORI (PH: @photodondolo)

L’arrivo di un figlio trasforma il concetto di amore, di felicità e di coppia. La gioia è molta e il cambiamento è radicale. Nessuno possiede un libretto di istruzioni per essere buoni genitori, è una transizione tra coppia di coniugi e triade familiare. Nascono due genitori che si trovano a creare uno spazio per il nuovo arrivo, a dedicare e riorganizzare il proprio tempo e ristabilire gli equilibri, inevitabilmente modificati. Si diventa genitori ma è importante rimanere anche coppia e individui. L’impegno deve essere posto non solo nel nuovo ruolo di genitori, ma sarà necessario investire le risorse anche per la coppia. La neo mamma deve cercare di recuperare il suo ruolo di donna nella coppia e nella società, imparando a staccarsi progressivamente dal figlio e prendendosi del tempo per sé; il neo papà dovrà sostenere la propria compagna aiutandola a comunicare le sue fatiche e riflettendo insieme su eventuali problemi e mancanze. Fondamentale è ESSERE UNA SQUADRA GENITORIALE E NON DUE SINGOLI INSIEME, definendo uno stile educativo condiviso! Bisogna quindi dare e darsi la possibilità di stare nel cambiamento, sbagliare, non recriminare ma chiedere, non esigere ma domandare, non pretendere ma comunicare, non isolarsi ma condividere e partecipare, ricordandosi che il proprio partner non è solo un genitore ma rimane un partner. È importante quindi stabilire dei momenti dedicati alla coppia, evitando di dare tutto per scontato ma ripartendo dal romanticismo e dai piccoli gesti che hanno formato il vostro amore, concedendosi di avere paura e chiedendo aiuto quando necessario.

NONNI NON SI NASCE MA SI DIVENTA (PH: @postcards.from.london)

Quando nasce un figlio, nascono due genitori e quattro nonni. Parliamo di nascita perché queste figure acquisiscono un ruolo nuovo: da genitori a nonni e da figli a genitori. Il passaggio da coppia a famiglia con figli comporta una rimodulazione dei legami e necessita di una capacità di adattamento notevole da parte di tutti i membri, compresi i nonni. Questi, infatti, ora diventano nonni continuando però ad essere anche genitori e coniugi. Devono pertanto assumere un ruolo mai sperimentato prima, ampliare la propria identità e assecondare un riposizionamento degli assetti familiari. I nonni hanno un ruolo importantissimo nella crescita dei loro nipoti e sono figure di riferimento e sostegno fondamentali. Essendo, in un certo senso, liberi dall’obbligo di educare possono donare in modo incondizionato il loro tempo concentrandosi soprattutto sulla relazione con il nipote.
Possono privilegiare l’aspetto ludico dello stare insieme e farsi portatori di valori, tradizioni ed esperienze. Ma essere nonni è anche una bella responsabilità. 
È fondamentale che i nonni legittimino il ruolo dei genitori anche se non condividono alcune regole o comportamenti nei confronti dei nipoti. È quindi necessario rinegoziare i rapporti all’interno delle famiglie d’origine. Per trovare un equilibrio tra le generazioni è importante che tutti collaborino per ricoprire il proprio ruolo in modo funzionale. Coinvolgere e condividere con i nonni l’orientamento educativo dei nipoti è talvolta complesso ma fondamentalmente per evitare di creare malintesi, incomprensioni e confusione, soprattutto nei bambini.

SVOLTIAMO NEL 2021

Il 2020 si è concluso e senza dubbio rimarrà impresso nella vita di ognuno di noi. È stato un anno difficile, strano, intenso, fatto di fatiche, rinunce e perdite. La distanza tra le persone ha segnato per forza di cose la nostra quotidianità. La lontananza fisica causata dal distanziamento sociale, in realtà ci ha costretti anche ad una distanza affettiva nei momenti importanti delle nostre vite. Le grandi ricorrenze, i momenti di unione e di condivisione delle festività, il senso di appartenenza, un abbraccio e il sostegno nei momenti più difficili e faticosi sono venuti meno lasciando spazio a frustrazione e nostalgia. Oggi però, è iniziato il 2021 e come ogni anno è bene riflettere su ciò che è stato, per farne tesoro e delineare quelli che possono essere i buoni propositi del nuovo anno. L’uomo ha affrontato questa pandemia trovando le strategie per gestire attivamente la propria quotidianità, le proprie relazioni e i propri affetti, modificando comportamenti, tempi e modalità, ridefinendo la propria vita e adattandosi in modo funzionale alle situazioni. Abbiamo imparato ad essere resilienti e a trarre insegnamento dai momenti bui. È quindi giunto il momento di voltare pagina, incerti del futuro che sarà ma pronti a stilare le nostre priorità e i nostri obiettivi con una consapevolezza maggiore dettata da ciò che è stato.

ADOLESCENTI E RELAZIONI (PH: @antjeshausmitherz)

Diverse sono le fatiche che caratterizzano il periodo adolescenziale, tuttavia molte di queste fanno riferimento alle difficoltà relazionali e, in particolare, alle relazioni affettive, amorose o istituzionali.
Le modalità ambivalenti tipiche in adolescenza, che oscillano tra la necessità di punti di riferimento sicuri e il bisogno di autonomia, indipendenza e affermazione del sé, portano l’adolescente a gestire in modo confuso e complesso le sue relazioni. Se da una parte ricerca approvazione, riconoscimento, un contenitore e una guida da seguire, dall’altra agisce con comportamenti di distanziamento, opposizione e ribellione, mettendo a dura prova i rapporti e generando conflitti relazionali in famiglia, nelle amicizie, a scuola o negli altri ambienti frequentati.
Nelle relazioni con i pari è sempre più frequente e comune l’utilizzo dei social network come canale comunicativo privilegiato generando spesso delusione, frustrazione e rabbia a causa della scarsa chiarezza nella comunicazione e dell’assenza di empatia e di segnali non verbali.
È importante favorire la comprensione dei motivi che hanno portato ai fraintendimenti, alla rottura dei legami, all’allontanamento, riflettendo sulle proprie ed altrui responsabilità ed elaborando il dolore: in questo modo sarà possibile aprirsi a nuove relazioni, evitando di ripetere gli errori commessi. 
In ambito scolastico i problemi relazionali possono generarsi oltre che con i compagni anche con gli insegnanti; diventa così un braccio di ferro tra professori e studenti, dove a volte vengono coinvolti anche i genitori stessi, creando conflitti e dissapori. Tutto ciò si ripercuote inevitabilmente sull’andamento scolastico dell’alunno. Il dialogo e la cooperazione tra scuola e famiglia costituisce, dunque, il punto di partenza per co-costruire un percorso formativo ed educativo a favore dell’adolescente. In famiglia, invece, le caratteristiche specifiche dell’adolescenza portano ad una ricontrattazione dei legami e delle interazioni tra i membri del sistema familiare; i genitori si troveranno a dover rivedere alcune modalità, regole, divieti, permessi che sono stati funzionali fino a quel momento nel processo educativo e di crescita dei figli. In tutto questo non è scontato evidenziare quanto la condivisione di un sistema educativo, il più possibile omogeneo ed armonico, tra le figure di riferimento non sia solo necessario ma indispensabile.

VIVERE NELL’INCERTEZZA (PH: @mary_igosheva)

In questi ultimi mesi stiamo tutti vivendo momenti di incertezza. Non abbiamo più punti di riferimento sicuri, le notizie viaggiano alla velocità della luce e non sempre tutte le informazioni sono vere, sentiamo di non avere più un luogo e un momento sicuro, abbiamo paura a stare nella stessa stanza con i nostri cari e non sappiamo come rassicurare chi è più fragile di noi. Questo è quello che grandi e piccoli stanno vivendo, l’incertezza e il non sentirsi sicuri più di niente. Non è facile per i piccoli che hanno bisogno di ricevere certezze e per gli adulti che dovrebbero dare stabilità ma che non sanno come affrontare questa situazione di emergenza. Ed è proprio in questo momento, allora, che dobbiamo riuscire ad essere resilienti, essere capaci di trovare strategie per affrontare la situazione. Bisogna essere consapevoli di quanto sia difficile ma al tempo stesso, cercare di rimanere lucidi e razionali per poter analizzare le risorse più funzionali da mettere in campo. È importante inoltre fare affidamento sul potere della condivisione. Ci troviamo ad essere tutti nella stessa situazione, possiamo quindi empatizzare con i vissuti dell’altro e sentirci accolti e compresi nelle nostre ansie e debolezze. In un momento storico in cui siamo stati privati del contatto fisico con gli altri, dobbiamo fare forza sulla nostra capacità di coltivare e mantenere le relazioni stesse, anche se a distanza.

COME AFFRONTARE IL LUTTO CON I BAMBINI? (PH: @lindsanj)

Quando in famiglia avviene un lutto, a volte, l’adulto, preso dal proprio dolore, si dimentica della necessità che anche i bambini hanno di elaborare il proprio lutto e di essere supportati in questo delicato processo. Spesso, pensando di proteggerli dalla sofferenza e dall’angoscia, si cerca di tenerli all’oscuro o di ingannarli, raccontando false verità. Questi atteggiamenti sono disfunzionali e di nessun aiuto per il bambino che, al contrario, non potrà farsi un’idea adeguata di quanto accaduto, costruendosi dei tabù o delle teorie bizzarre sulla vita e sulla morte. È fondamentale, invece, affrontarlo con un linguaggio appropriato all’età, ma concreto e reale; bisogna dire che la persona cara è morta spiegando cosa significa morire. È importante, inoltre, non escludere i bambini dai riti commemorativi, magari chiedendo loro di preparare un dono per la persona defunta: questo può aiutarli a capire cosa è successo e ad accettare la perdita della persona cara.
Bisogna lasciare loro lo spazio per esprimere ogni emozione, domanda o pensiero sull’accaduto e sulle sue prospettive future, anticipando la loro reazione emotiva. Bisogna esplicitare l’inevitabilità della morte, rassicurarli che non verranno abbandonati, che si farà di tutto per non morire anche noi, perché la vita è bella, anche se ora il dolore è grande. È importante, quanto prima, riprendere la routine quotidiana rimanendo sempre disponibili, accoglienti ed accessibili verso eventuali fatiche e paure che potrebbero emergere.

IL RUOLO DEL PADRE NELLA CRESCITA DEI FIGLI (PH: @heidinicoleeee)

Il padre deve gradualmente inserirsi nella diade madre-bambino introducendo il figlio, attraverso valori e regole, nel mondo delle relazioni sociali. Deve fornire al bambino le strategie funzionali per imparare ad entrare in contatto con l’ambiente esterno. Attraverso il gioco, l’insegnamento e l’esperienza si pone come figura di riferimento sociale, aiutando il figlio ad interagire con l’altro e con il mondo che lo aspetta. Interviene come figura di supporto e di sicurezza: la sua figura permette di sviluppare la personalità e la fiducia del bambino in sé stesso. Il padre non è l’elemento opzionale delle relazioni familiari, ma l’altro polo di cui i figli hanno bisogno per crescere in modo sano ed equilibrato. Svolge, pertanto, il ruolo di cogenitore: in sostanza sostiene la madre in quello che è il difficile compito della genitorialità. Insieme, padre e madre, costituiscono una squadra e in quanto tali devono collaborare verso lo stesso obiettivo, la crescita e l’educazione del figlio. È importante che questo avvenga in modo fermo e coerente così da evitare di trasmettere messaggi confondenti al bambino. È fondamentale che la madre legittimi il padre in questo, concedendogli di prendersi le proprie responsabilità e appoggiandosi a lui, per non sovraccaricarsi delle fatiche dei figli.

LA RESILIENZA – ReAgire positivamente alla vita (PH: @alisadphoto)

La resilienza è la capacità di ReAgire positivamente agli eventi stressanti della vita, ricostruendo e rinforzando noi stessi e trasformando le situazioni che la vita ci pone in occasioni di crescita. Possono essere diversi i momenti che mettono a rischio il benessere psicofisico dell’individuo. È proprio in queste situazioni che ogni persona deve mettere in campo le risorse e le strategie necessarie per attivare quei fattori protettivi fondamentali per affrontare questi eventi. A volte i comportamenti che adottiamo potrebbero essere non adeguati alle situazioni, portando ad incertezze e scarsa fiducia in sé stessi. Grazie alla rete sociale che ci creiamo e soprattutto alla consapevolezza di poter contare sull’aiuto degli altri, si possono fronteggiare le difficoltà riprendendo così la serenità e l’equilibrio necessario per il proprio benessere. La resilienza va allenata nella quotidianità, potenziando i fattori protettivi che ognuno di noi possiede e rafforzando l’atteggiamento positivo alla vita.

LA COPPIA: IMPARARE A LITIGARE IN MODO COSTRUTTIVO (PH:@antique_r_us)

Gran parte della difficoltà in un litigio di coppia sta nella comunicazione. A volte il problema non è quello che diciamo, ma come lo diciamo, che fa sentire l’altra persona abbandonata, incompresa, arrabbiata. È importante imparare a litigare in modo sano e intelligente. Non è il litigio in sé a determinare la serenità in una relazione, ma, se si litiga, la discussione deve essere produttiva e non distruttiva. I problemi in una relazione cominciano quando entrambe le parti si fraintendono. Ciascuno dei due si sente incompreso dall’altro, come se il partner non fosse riuscito a capirlo nel profondo. Di conseguenza si tende a reagire con rabbia, aggressività oppure anche con il silenzio.
Discutere fa bene, stimola l’altro e se stessi, ma attenzione a non entrare nelle dinamiche pericolose di relazioni tossiche. Usare l’empatia è l’arma vincente. Essere empatici significa capire come si sente il partner, entrando nella sua storia, nella sua prospettiva. Sforzarsi di capire il punto di vista dell’altro non vuol dire condividere un’opinione, ma è un’azione che disinnesca la tensione.
Imparare a litigare esprimendo il proprio vissuto ed usando empatia e comprensione è un passo importante verso la relazione.

COMUNICARE IN FAMIGLIA (PH: @haniyemim)

Con i ritmi frenetici della quotidianità che viviamo tra lavoro, scuola, sport e altre attività sembra quasi impossibile riuscire a fermarsi, prendersi del tempo, raccontarsi la giornata, le nostre emozioni, valutare le situazioni e prendere decisioni insieme con l’altro. Il confronto, l’ascolto e il supporto sono momenti che una famiglia deve ritagliarsi per il proprio benessere. La comunicazione, infatti, è uno degli aspetti più importanti per l’equilibrio familiare: quando questa viene a mancare, si può far spazio a non detti, pensieri e ipotesi che non consentono di vedere in maniera oggettiva quanto succede, traendo valutazioni errate e frettolose sui comportamenti dell’altro. Fermiamoci quando il silenzio regna, quando anche due parole e dei semplici sguardi possono farci capire come sta l’altro, per poter affrontare al meglio tutto ciò che verrà. Alla fine della giornata, mentre siamo a tavola o sul divano, ritagliamoci un momento di condivisione per tutta la famiglia, in cui ciascun membro si prende almeno 5 minuti per raccontare la propria giornata, una riflessione, una sensazione. Impariamo a farlo se siamo una coppia di fidanzati, marito e moglie, genitori con bambini piccoli o adolescenti. È una buona abitudine che fa bene a tutti e previene situazioni di disagio e malessere.

UNA STORIA DI RELAZIONI (PH: @veraund)

Siamo creature sociali, siamo fatti di relazioni, viviamo di relazioni. Perciò il modo in cui siamo entrati in relazione con le nostre figure primarie, i nostri genitori o le persone che ci hanno cresciuto, influenza inevitabilmente come entriamo in relazione oggi con l’altro. Crescendo, impariamo a prenderci cura di noi stessi sia fisicamente sia emotivamente, ma la prima lezione ci è stata impartita dal modo in cui siamo stati accuditi. Di conseguenza la nostra storia, le esperienze passate, i nostri vissuti condizionano anche il modo in cui facciamo i genitori e quindi le modalità tramite cui ci relazioniamo con i nostri figli. Possiamo scegliere di riproporre lo stesso modello genitoriale che abbiamo interiorizzato oppure, al contrario, cercare di fare diversamente, riconoscendo le mancanze e le carenze ricevute dai nostri genitori e provando a mettere in atto delle modalità più funzionali e più adeguate.

S.O.S IN FAMIGLIA: come cogliere il segnale (PH: @bethgmosher)

Quando un membro della famiglia mette in atto un sintomo ci sta comunicando un disagio. A volte questo si può manifestare tramite comportamenti evidenti e tangibili, ma in altri casi può essere impercettibile e quindi difficilmente identificabile. È quindi importante osservare attentamente le sfumature dei modi e degli stati d’animo dei vari componenti così da poter cogliere eventuali fragilità e atteggiamenti sintomatici. Il malessere può essere espresso mediante difficoltà comunicative, disturbi alimentari e comportamentali, aggressività, umore depresso, somatizzazioni corporee. Cosa fare una volta compreso che c’è qualcosa che non funziona all’interno del sistema familiare? Bisogna partire da quel campanello d’allarme per lavorare sulle dinamiche relazionali disfunzionali che si celano dietro quel sintomo, ai fini di ristabilire un equIlibrio familiare più sano. È necessario utilizzare il canale comunicativo, emotivo e ludico per cominciare ad indagare ed approfondire cosa scatena il disagio. I genitori possono esternare i propri pensieri ed emozioni per favorire l’apertura dei figli nel provare a capire ed esprimere cosa li fa stare male. Per i bambini si suggerisce di utilizzare il gioco e strumenti grafici adatti alla loro età. Se invece il disagio è manifestato da un adulto è importante spiegare ai figli con un linguaggio semplice e adeguato le emozioni che in quel momento il genitore sta provando; è necessario poi approfondire, con il sostegno del partner, di un parente o di un amico, che cosa lo turba, per trovare le strategie più funzionali alla situazione. Tuttavia qualora questo non fosse sufficiente per riconoscere il problema è importante rivolgersi ad un professionista.